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A Washington si celebra la festa del negazionismo climatico

I negazionisti climatici si autocelebrano nella due giorni di International Conference on Climate Change. Ma la preoccupazione dei danni che potrebbe arrecargli l’enciclica del Papa sull’ambiente, rimane

A Washington si celebra la festa del negazionismo climatico

 

(Rinnovabili.it) – Sembra difficile riuscire oggi a sostenere strenuamente il negazionismo climatico. Eppure c’è chi ce la mette davvero tutta, a dispetto delle evidenze, a dispetto delle prove, a dispetto della scienza. Il miglior esempio negli Stati Uniti è rappresentato dall’Heartland Institute, un think tank conservatore vicino all’industria delle fonti fossili, che da dieci anni a questa parte organizza a Washington l’International Conference on Climate Change. Ma non fatevi ingannare dal nome: la due giorni di tavole rotonde e discussioni sarà dedicata esclusivamente a raccontare come la lotta al cambiamento climatico possa produrre danni all’economia mondiale. Sì perché per quanto anacronistico e surreale possa sembrare, l’Istituto è da anni in lotta con quelli che egli stesso definisce gli “allarmisti del clima”: ovvero le Nazioni  Unite, i maggiori Istituti scientifici, le 195 Parti della Convenzione Quadro su Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (Unfccc) e via dicendo.

 

Il punto di partenza di quanti sono riuniti da ieri nella capitale statunitense è semplice: negare che il riscaldamento globale rappresenti un pericolo significativo per il pianeta, che l’attività umana ne sia la principale causa e “mettere in evidenza” come le politiche ambientali di contrasto al Global Warming siano economicamente dannose. La preoccupazione è rivolta soprattutto nei confronti dell’Enciclica papale dedicata al creato, che sarà presentata il prossimo 18 giugno. Il timore che Papa Francesco possa prendere una decisa posizione nella lotta al climate change e faccia da sprone alla comunità cattolica (e non solo) ha spinto il presidente dell’Hearthland, Joe Bast, ad inviare presso la Santa Sede alcuni rappresentati per informarsi in anticipo sui contenuti dell’enciclica. Il tutto accompagnato da un lancio stampa in cui il preoccupato Bast ribadiva come “i poveri soffriranno se le energie affidabili (quelle fossili) saranno rese meno affidabili per volontà dei pianificatori globali”; uno dei cavalli di battaglia dall’industria dell’energia sporca che, nonostante le smentite addirittura dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, continua imperterrita ad appellarsi alla povertà energetica come dimostrazione della necessità di carbone e compagni. “Gli allarmisti del riscaldamento globale […] vogliono rendere l’energia più costosa per scoraggiarne l’uso, anche se questo punisce i poveri, le donne e i bambini”. Se non fossero pronunciate così seriamente, le parole del presidente dell’Istituto apparirebbero come una battuta di cattiva gusto.

 

Eppure guardando nel passato di questo think thank ci si accorge che il ruolo da negazionista a 360° ha radici profonde, come quando nel 1990 lavorò con la compagnia del tabacco Philip Morris per mettere in discussione la serietà dei rischi tumorali legati al fumo passivo.

 

Image: https://www.flickr.com/photos/mugfaker/5847464425/in/photostream/

 

Il “pericolo papale” è uno dei temi all’ordine del giorno della Conferenza internazionale dell’Hearthland che prevede nel programma anche la consegna dei Climate Change Awards. Cosa sono? Premi per quegli scienziati, cito letteralmente quanto riportato sul sito ufficiale, che “hanno lavorato per decenni contro la politicizzazione e la cattiva interpretazione della scienza del clima. Si sono assunti rischi, sia per la loro sicurezza personale che per la loro carriera professionale, semplicemente per poter dire la verità. Molti hanno preso decisioni coraggiose che gli sono costate promozioni e riconoscimenti che altrimenti avrebbero ricevuto”. Perché supportare il negazionismo climatico con tanta foga? Molti sostengono per i finanziamenti ricevuti in questi anni dalle compagnie petrolifere e del gas, come ExxonMobil, oltre che dall’industria del tabacco e da gruppi farmaceutici. In risposta l’Istituto ha deciso di mantenere segrete, d’ora in avanti, le sue fonti di finanziamento, a causa di quella che definisce una persecuzione organizzata a danni dei suoi donatori.

Quando un silenzio vale più di mille parole.